lunedì 4 agosto 2014

Adamo postappocalittico

Camminavo a passo lento, senza meta, ormai esausto, quand'è che a un tratto vidi una fattoria.
Il mio cuore si colmò di speranza, almeno fino a quando non capii che non vi era anima viva al suo interno.
Senza gas, senza elettricità, niente che potesse anche solamente somigliare a qualcosa per accendere un fuoco.
Il mio aereo, colpito dal nemico, si era schiantato la vicino, come per miracolo, ne uscii incolume,
erano giorni che non mangiavo, senza provviste non sarei andato molto lontano.
Erano tempi di guerra e fame quelli, e in molti si ritrovavano a fuggire in cerca di cibo per via delle strade che erano state fatte saltare in aria per tagliare i rifornimenti alimentari.
Tuttavia la fattoria non era disabitata da molto, c'era ancora del bestiame nelle stalle, e sembrava in salute.
L'acqua piovana rimasta nel secchio vicino la porta non bastò a placare i morsi della fame che si facevano sempre più violenti,
mentre cercavo di concentrarmi sul da farsi, sentì uno strano verso, coccodèè, coccodèè, guardandola pensai subito
all'ultimo pollo arrosto che mangiai al compleanno di mia madre, che buon profumo mi rammentò, non ci pensai su due volte.
La rioncorsi, la spennai, le ruppi il collo,  le strappai le carni a morsi mentre il suo sangue caldo mi scendeva veloce lungo il collo finendo sul colletto, fu dura resistere a quell'orribile sapore,
ma sarebbe servito a farmi sopravvivere.
Eppur non ero ancora sazio, allora presi l'uovo che ella aveva appena covato, lo ruppi, era ancora tiepido, lo bucai e ne succhiai il contenuto, cosi viscido e insapore, una sensazione a dir poco disgustosa, ma tenni duro, ne andava della mia sopravvivenza.
La fame non cessava ancora, ma ecco che un rumore a me non nuovo si fece strada nel silenzio,
muuuu, muuuu, rimasi in ascolto dicendomi, questa volta non sarebbe stato così facile, ma il premio non era da poco,
provai a ucciderla, calci e pugni, tentai con un bastone ma fu inutile, morsi la sua pancia, morsi con tutta la mia forza,
ma fu come mordere un divano, mentre guardavo in basso scoraggiato, le vidi spuntare da sotto l'enorme pancia,
rosa e gonfie, che grande idea, fu così che le ciucciai le tette per bere il suo latte, che colandomi sulla divisa si mischiò alle macchie di sangue.
Ma ancora la fame invece di diminuire aumentava.
Mi sentivo sempre più stanco e sentivo che qualcosa in me non andava, a cominciare dal mio alito, per finire nei miei ricordi.
Non capivo. Per tutta la mia vita mi ero cibato di queste cose, che mi sembravanocosì buone. credevo di sentirmi così bene quando le mangiavo.
La mamma mi diceva sempre che mi avrebbero fatto diventare grande e forte, e invece ora? Cosa c'era che non andava!?
Alzai lo sguardo al cielo disperato in cerca di una risposta.
Fu in quel momento che fui attratto da alcuni oggetti in controluce di forma sferica che ondeggiavano al vento, appesi a delle enormi e lunghe braccia deformi.
Osservai con più attenzione, era un albero stracolmo di mele.
Quando andavo a scuola, ne avevo visto uno ritratto in foto su un libro di storia.
La maestra spiegò che il melo era un albero in via d'estinzione, perché qualche secolo prima
la medicina moderna aveva scoraggiato il consumo di mele sostenendo che fosse dannosa per l'uomo.
Fu per questo che le grandi aziende agricole ne abbandonarono la produzione e solo alcuni contadini
continuarono a tenere in vita i pochi meli rimanenti.
Come poteva essere vero ciò?
L'intero mio essere vibrava di un'energia misteriosa.
I miei occhi si spalancarono di fronte a quello spettacolo che mi mozzò il fiato rubandomi ogni pensiero.
Il mio istinto prese il sopravvento, come se la mia mano fosse guidata da una forza primordiale più antica del mondo,la percepii in tutta la sua giustizia.
Ffinalmente sapevo cosa fare come non mai.
Ne colsi una, la più gialla e grossa, affondai i denti nella sua polpa e ne succhiai il suo dolce nettare.
La fame cessò definitivamente per la prima volta, l'energia tornò a scorrere in me come un fiume in piena,
e sentii un sorriso farsi strada sulle mie gote fin che gli angoli della bocca quasi raggiunsero le orecchie.
Il futuro ora non mi sembrava poi così tetro,e quel vuoto che da anni mi portavo dentro in un batter d'occhio si riempì di nuova consapevolezza. 

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